E: Come sono contenta di vedervi! M., sei ingrassato per caso?
M: Certo che sai essere stronza …
E: Dai che si fa per ridere! Sono due mesi che non ti vedo … Ne avevo bisogno!
M: Chi ha portato le birre?
A: Io ho portato la pasta fredda!
L: Basta pasta, in quarantena avevo solo quella nella dispensa! Passami il sushi va!
M: Non so tu ma io ho ordinato d’asporto almeno due volte a settimana!
E: Schiavista!
A: Insensibile!
M: Vabbé dai … meglio che stia zitto.
P: Ciao ragazzi! Che bello vedervi, che giornata stupenda! Come state? Scusate il ritardo, certe cose non cambiano.
L: P.! Come mi sei mancato, fatti dare un abbraccio va! Non ti abbiamo più sentito! Hai scritto sì e no otto messaggi nel gruppo… Stai bene? Come S. che è sparito completamente, mah. Voi avete notizie?…
M: Sí, appunto. Neanche io l’ho sentito … Mi ha mandato qualche meme all’inizio e poi basta, è da due settimane e mezzo che non lo sento …
A: Ma sí dai, adesso sarà con la sua famiglia. Immagino si sia dimenticato totalmente del telefono. Non la vedeva da due mesi! Ha fatto tutta la quarantena da solo … Dev’essere stato durissimo, lontano da chi vuoi bene …
L: Certo certo, però sparire totalmente non è normale! L’avete chiamato allora?
E: Io no e non ho intenzione di farlo.
M: E. Non serve che tu ci ricordi che vi siete lasciati … Sono passati tre mesi, devi superarla!
L: Oh, M. Sei proprio un insensibile schiavista del cazzo eh.
E: Ma no, ha ragione. M. Sta solo difendendo il suo “brother”, no? Come quando mi ha messo le corna e tu lo sapevi …
L: E. Non vale la pena tornare a parlare di questo proprio adesso … Non era acqua passata? Non avevate già risolto a tempo debito? Siamo appena usciti dalla quarantena e io onestamente non ho voglia di drammi, ho voglia di vivere e respirare aria pura, sentire l’erba sotto le dita, vedere il cielo azzurro e …
M: Raga, svegliatemi quando ha finito …
L: Come non detto, E. rompigli l’anima a questo stronzo.
E: Ho perso la voglia. Dove sono le birre?
P: Le ho portate io! Sono dentro il mini frigo.
A: Che hai , P.? Ti senti un po’ frastornato per tutta quest’aria pura? Anche io mi sento la testa un po’ leggera …
Ridono.
P. Sto bene.
E: Mi raccomando, non spargere la tua allegria! Mettiamo un po’ di musica?
M: Dai che almeno ti rilassi un po’.
E: Io sono rilassata, sei tu che forse non hai la coscienza a posto. Non riesci a dormire la notte ?
M: Dormo benissimo.
L: Ho i miei dubbi.
P: Potete smetterla con queste cazzate inutili? Ci sono cose più gravi a cui pensare che queste piccolezze da bambini stupidi. Non sapete nulla …
M: Di che stai parlando?
P: sospira. C’è una cosa che devo dirvi. Non sapevo come farlo prima … Mi sembrava insulso e insensibile nei vostri confronti dirvelo a distanza …
M: Ti sei tagliato i capelli da solo? Un po’ si nota … Dai fra, ricrescono!
A: M. La vuoi smettere di fare il cazzaro e lasciarlo parlare? Zitto dai.
P: Vi ricordate quando io, S., E. e tu M. Siamo andati al mare? Era una giornata caldissima, afosa, i vestiti si appiccicavano alla pelle. Avevamo tutti una strana tristezza estiva addosso e per questo decidemmo di andare al mare a rinfrescarci, a farci qualche birra in compagnia fino a tarda notte. E. Tu stavi ancora con S., eravate belli insieme, era bello passare il tempo con voi e vedervi ridere e giocare con l’acqua. M. tu ti eri portato dietro l’ukulele, stavi ancora imparando a suonarlo. In quel momento andava tutto bene, non c’era niente di meglio. Il mare, il tramonto, la brezza che si stava rinfrescando, la sabbia che aveva cambiato luce e invitava il corpo a sdraiarsi, ad approfittare del suo manto soffice… S. è morto. Si è suicidato nel suo appartamento, ha aperto il rubinetto della vasca, si è fatto un bagno e ha lasciato che la vita gli scorresse fuori dai polsi. Non è riuscito a sopportare la solitudine, era depresso cronico da anni e nessuno di noi ne era a conoscenza. Non ce ne siamo accorti, non lo abbiamo aiutato quando ne aveva più bisogno. Ci siamo abituati all’egoismo che ci caratterizza come esseri umani, pensiamo a noi stessi, ai nostri problemi, alla nostra quarantena. Gli altri ci sfiorano con le loro vite e i loro problemi ma non ci riguarda, torniamo a pensare a noi e solo a noi. Facciamo domande superficiali per rimanere a galla nell’oceano sociale: “Ciao, come stai?” ma la risposta non ci interessa veramente, tutto fa parte di una danza tra pavoni che si mostrano piume colorate di falsità, è tutto un’illusione ottica. Ci volevo essere per lui. Volevo davvero stargli vicino. Ma S. Non lo ha pensato, non ha pensato a me come confidente, non ha pensato a me come salvatore e ha preferito l’oblio, il silenzio, il vuoto.
Silenzio generale. Sguardi attoniti. Solo lo strusciare leggero delle foglie mosse dal vento era protagonista di quel instante.
M: Non si tratta di noi. Non conosciamo noi stessi, figurati gli altri. Pensiamo di poter sopravvivere perché la società obbliga a farlo, ad andare avanti, ad ascoltare i bisogni solo al limite, quando non ce la fai più e potrebbe essere troppo tardi. Non possiamo rifugiarci negli altri, non possiamo vomitargli le nostre paure più intime e nascoste, i nostri desideri più infimi e tutto il mondo interiore che abbiamo dentro. Siamo noi stessi i nostri propri confidenti, gli unici a cui possiamo raccontare tutto. Il punto è: quanto ci conosciamo realmente?
E: Mi sembrano tutte giustificazioni sul fatto che non gli abbiamo offerto l’aiuto di cui aveva bisogno. Bastava un fargli sapere che c’eravamo, che la solitudine circonda tutti in modo diverso e che lo capivamo. Io lo capisco. Capisco che significa rimanere soli con i propri pensieri, perdere fiducia nel mondo e negli altri, non avere speranze.
A: Perché non ci ha scritto? Perché non ci ha chiesto aiuto prima? Perché non ce ne siamo accorti prima?
Non c’erano risposte da dare. Il vento è tornato a giocare contento fra i rami, ignaro della conversazione. Il cielo azzurro, il prato verde coperto da margherite fresche, la brezza lieve; la bellezza della natura contrastava con i volti tetri e sconcertati del gruppo di amici.
A: Com’è potuto succedere?
M: A. basta! Per Dio! Alle volte mi sembri così stupida! Stai zitta!
L: Ma ti sembrano i modi? Eh? Che cazzo ti è preso? Siamo tutti sconvolti da questa notizia, non c’è bisogno di attaccarla. Vedi di cambiare tono o vai a farti un giro che è da quando siamo arrivati che rompi le palle.
M: Come scusa? Stai scherzando spero? Io sono libero di fare e dire quello che mi pare, tu chi cazzo sei? Chi ti conosce? Sei qua perché ti stai scopando P. , non hai il diritto di dirmi cosa devo fare.
E: Ascoltami bene, pezzo di merda. Sei una persona orribile, mi facevi schifo prima e mi fai ancora più schifo adesso. Non sei mai stato un amico, per nessuno. Per questo S. mon ti ha detto niente, per questo S. non ha detto niente a nessuno di noi. Siamo degli amici di merda, non ci ascoltiamo, non ci appoggiamo in niente, viviamo le nostre vite e alle volte ci intrecciamo per bere e andare al mare. Tu me l’hai fatto capire, M. tu non sai cos’è l’amicizia e mi dispiace moltissimo per te.
E. gli sputa vicino e se ne va.
L. comincia a singhiozzare.
A. cerca di consolarla inutilmente, cerca aiuto in P.
P. si è seduto in silenzio e guarda il vuoto.
M. si è acceso una sigaretta.
Il vento continuava a soffiare felice e libero.
Finalmente liberi.
Fine episodio breve [38]