Episodio breve [37]: un balcone.

Oggi è stata la prima volta in cui sul balcone di casa mia l’unico suono che percepivo era quello del mio respiro. Vi sembrerá un evento da poco, una cosa di tutti i giorni, ma a Barcellona è difficile che ti succeda, perchè le strade sono sempre gremite di gente, di rumori, di macchine che sfrecciano sull’asfalto che oggi era bagnato. La consapevolezza di star respirando quando c’è gente che non può farlo. Allora ho cominciato a singhiozzare silenziosamente perchè non volevo che nessuno mi sentisse, ma nessuno può sentirmi perchè sono sola. La solitudine mi ha sempre spaventato molto e nella mia vita ho sempre fatto di tutto pur di non sentirmi divorata da essa. Viaggi in luoghi remoti per circondarmi di persone nuove, tutto per non sentire quella voce insopportabile che mi sussurra all’orecchio che niente mi aiuterà a sentirmi viva.

Oggi ho guardato un gabbiano volare libero nel cielo e ho pensato a quanto sarebbe bello poter andare ovunque quando in realtà mi basterebbe poter tornare a casa. Dico sempre che casa mia è il mondo, ma è una cagata pazzesca. Casa mia è dove è mia mamma che ora non può uscire di casa, come le mie amiche, anche loro rinchiuse dentro confini solidi ed immaginari. Tutta la vita l’ho passata fuggendo per sentirmi viva, per sentirmi libera come quel gabbiano che mi ha riso in faccia spavaldo questa mattina e io gli ho pure fatto il dito medio da un balcone freddo. Non ci sei tu, mamma. Non c’è mio fratello a istigarmi con le sue idee un po’ strampalate e un po’ vere e non ci sono io in quel salotto sdraiata sul divano a lamentarmi di sciocchezze quando avrei dovuto abbracciarvi. Se avessi saputo che questo virus silenzioso e letale sarebbe arrivato avrei fatto durare di più quei momenti che ora rimpiango. Ora sono sola, con i miei pensieri dolenti e le mie grida disperate nel sapere che non posso tornare. Per ora.

Voglio essere positiva, mamma, per te. Perché ora i minuti li contiamo con i mi manchi e con i sorrisi attraverso una webcam, ed è tutto come prima ma con la angustia di non sapere quando ci rivedremo e quando questo sarà tutto finito. Mi dispiace se ora mentre scrivo non sono forte come vorresti che fossi, mi dispiace. Ma rimango positiva pensando al giorno in cui arriverò a Milano Bergamo con il mio zaino e ti vedrò ad aspettarmi al terminal, come prima ma meglio. Come prima, ma molto meglio.

Ora lasciami piangere sul balcone delle speranze tutta la libertà che avevo e che vorrei barattare per un volo di andata. Ho vissuto tutta la vita con la certezza di poter sempre tornare, ma oggi no. Per ora no. Domani nemmeno.

Aspetterò fino a al prossimo abbraccio agli arrivi di Milano-Bergamo, ma nel frattempo ci vedremo in videochiamata e ci racconteremo quello che non abbiamo fatto e quello che vorremo fare.

A presto.

Fine episodio breve [37]